Avevo trentasei anni, undici anni fa, era il mese di luglio del 2009, quando insieme ad Annika, ex fidanzata francese mezza sangue svedese, in dieci magnifici giorni avevamo navigato, pagaiato a bordo di una canoa canadese attraverso laghi, bellissimi, distesi fiordi punteggiati da isole e isolotti immersi in verdissime foreste, fino a raggiungere l'Oceano Atlantico, per poi costeggiarlo e in un percorso ad anello, lottando a volte con l'intemperie e il continuo cambio climatico che in Svezia può passare dall'inverno all'estate anche quattro e più volte al giorno, rientrare da dove eravamo partiti.
Venti, piogge, maree, correnti che cambiavano improvvisamente, certo la nostra imbarcazione non era delle più ideali, sicuramente un kayak singolo da mare sarebbe stato più stabile e veloce, ma per noi meno affascinante.
Per me una bellissima nuova esperienza, era la prima volta che portavo una canoa canadese, ricordo che all'inizio non era cosi semplice ma dopo pochi giorni già riuscivo a comandarla da solo, cosa che facevo quando andavo a fare legna per la sera, dopo aver montato la tenda.
Le giornate erano lunghissime, il sole sorgeva alle quattro del mattino e tramontava alle ventitre e un quarto, e le cinque ore di notte in realtà, tolto forse un paio, non erano mai veramente buie, si navigava dal mattino alla sera, fermandoci per qualche visita, per i bisogni fisiologici e per mangiare qualche cosa.
Il viaggio iniziò nella zona di Ammenàs, nel territorio svedese del Uddevalla a circa 100Km a nord di Gottemborg, dove la famiglia di Annika possedeva un bellissmo cottage di legno, due baite in mezzo a un bosco di pini, circondati da mirtilli a pochi metri da un bellissimo fiordo da dove abbiamo dato inizio a questa piccola avventura.
I giorni prima della partenza sono stati altrettanto belli, ero eccitato per questa nuova esperienza, sveglia presto al mattino, corsetta lungo il fiordo, preparazione della canoa, sistemazione di alcuni bidoni stagni, un bel po di acqua potabile in quanto sulla maggior parte delle isole non si trovava, atrezzatura da bivacco, tenda e sacchi a pelo.
Un giorno di sole, pagaia in mano siamo partiti, staccarmi dalla terra ferma è stato un momento unico, mi stavo nuovamente lasciando tutto alle spalle per innoltrarmi un'altra volta in qualche cosa che non conoscevo, con la consapevolezza che alla fine dentro di me sarebbe rimasto qualche cosa di nuovo di indelebile, noi dopo tutto siamo le nostre esperienze. Il cielo era azzurrissimo, neanche una brezza di vento, l'intero paesaggio intorno era immobile, come navigare in una cartolina, le acque calme, ci aspettavano, allora ancora inconsapevoli, cinque fantastiche notti sotto le stelle, circondati da pini e betulle e altre in una baita di legno.
Ricordo in particolare un bellissimo bivacco, il tempo come ogni giorno era nuovamente passato dall'estate all'inverno, freddo, vento, le acque mosse, correnti contrarie, noi ci trovevamo all'argo, il fiordo era immenso, la terra ferma distava da noi più o meno mezza oro di pagaiata, la canoa rischiava di capovolgersi, e non avevamo per niente intenzione di finire nelle acque fredde, difronte a noi non molto lontano un isolotto, penso che sarà stato circa duemila, tremila metri quadrati, aveva iniziato anche a piovere, saranno state circa le sette di sera, sbarcammo, trascinai la canoa sulla terra ferma, piantammo la tenda, accesi un fuoco con la legna ancora asciutta trovata,
cucinammo qualche cosa, un tè, un bicchiere di vino, cerco sempre di non farlo mancare mai, in tanto il vento era aumentato e anche le onde, noi soli completamente isolati su questo pezzetto di terra, Annika preoccupata io felicissimo, adoro trovarmi in queste situazioni, immerso nella natura. Ci rifuggiammo nella tenda che si schiacciava una volta su un lato e una volta sull'altro, ogni tanto tiravo giù la lampo per sbirciare fuori, era sempre giorno pioveva a dirotto, cosi che mi misi a leggere un libro, non ricordo quale, mentre Annika provava a dormire. Dopo qualche ora a un certo punto non sentii più il vento a soffiare, sbirciai nuovamente aveva smesso di piovere, faceva ancora freddo, il cielo sembrava che si stesse aprendo, tutto intorno buio, erano le due di notte, mancava poco all'alba, cosi sveglia Annika dicendogli che era il momento di ripartire, volevo togliermi da quel isolotto prima che ricominciasse a piovere, la mia intenzione, cosa che poi feci, era quella di raggiungere la costa in modo da costeggiarla fino a quando il cielo non si fosse aperto. Smontammo la tenda, mi accertai che il fuoco era completamente spento, e ripartimmo, era bellissimo navigare di notte, anche se infreddoliti, in pochi minuti raggiungemmo la terra ferma, il buio era ormai meno buio, accesi un fuocherello e preparammo la nostra colazione, tè, marmellata e qualche galletta, mirtilli appena raccolti da Annika; le stoviglie le lavai, come ogni volta nelle acque del fiordo utilizzando al posto del sapone un po di sabbia e ghiaia, non ci preoccupevamo di rigare la pentola.
Eravamo nuovamente pagaia in mano, io a poppa Annika a prua, intorno a noi centinaia di bellissime e grandi meduse, dal colore rosa al giallo violaceo. Attraversammo anche una zona dal fondale poco profondo, una deviazione che decisi di prendere, ci costrinse però a scendere dalla canoa e trascinarla, legata a una corda, per un bel po, a piedi, intorno sempre e solo foreste.
Alla sera come ogni sera, preparavamo il bivacco, la tenda, e poi in canoa navigavo da solo alla ricerca di legna da usare per scaldarci e cucinare. Si mangiava sempre più o meno la stessa cosa, polpette di carne o di pesce, riso e qualche volta un piatto di spaghetti e come desset frutti di bosco raccolti nella foresta.
Dopo altri due, tre giorni di pagaiata, spesso 12 ore senza quasi mai fermarci, se non per bisogni fisiologici e per sfamarci, al'incirca all'altezza della cittadina di Lysekil, ci imbattemmo nel bellissimo villaggio di pescatori di Fiskebackskil, famoso per l'antica tradizione essicatura al sole del pesce,
dove ci fermammo per una visita prima di entrare, puntando vesro sud in mare aperto, nell'Oceano Atlantico, la mia inesperienza non mi aveva fatto pensare che una canoa canadese non era veramente l'imbarcazione più ideale per costeggiare la costa dell'Oceano, oltre tutto una costa fatta per lo più da alte scogliere sulle quali si infrangevano grosse onde.
Eravamo in mare, qui iniziò la vera avventura, durata fortunatamente poche ore, le onde erano alte, stare attaccata alla costa, vicino alle scogliere non aveva senso, il pericolo di essere scaraventati contro i massi era certo, cosi puntammo in mare aperto, dove le onde erano sempre alte ma più lunghe. Per poter proseguire ogni volta che arrivava un'onda spostavo la prua verso londa stessa in modo da poterla prendere leggermente di punta, senza mai farmi trovare impreparato su un finco, in questo caso l'onda ci avrebbe sicuramente travolto e ribaltato, una volta presa l'onda di punta la risalivamo, per poi riportare la prua leggermente verso la costa tipo a tre quarti cosi da cavalcare l'onda e farci trascinare in vanti, navigammo così a zig zag per ore, altra difficoltà sono state le barche a vela che abbiamo incrociato, o megli ci incrociavano, al posto di mantenere la loro rotta e starci lontani, si avvicinavano a noi per vedere chi erano quei due folli su una canadese, cosi che creavano altre onde traversali difficili da combattere, il cuore in gola, ongni momento era buono per finire in mare, non immaginate i miei sbraiti verso queste imbarcazioni, ma alla fine riuscimmo a trovare una insenatura a sud di Grundsung che ci riportò nella diramazione di un altro fiordo indicato sulla nostra carta, che si sarebbe andato a ricongiungere, giorni avanti al fiordo da dove avevamo iniziato questa bella aventura.
Ora navigavamo nuovamente in acque tranquille, almeno durante il primo giorno, eravamo di nuovo in piena estate, nel bel mezzo del fiordo di Koljo, nella lussureggiante foresta che ci circondava ogni tanto si intravvedevano belle baite in legno colorate di rosso mattone con quori intarsiati nelle persiane delle finestre.
Un'altra notte sotto le stelle, la mattina ci sveglaimmo nuovamente in mezzo a un inizio di pioggia che presto si trasformo in una vera e propria tempesta, proseguimmo navigando su corte e instabili onde che ci portarono dall'isola di Hjalton fino alla costa, dove ci dovemmo fermare per quattro giorni e attendere il miglioramento del tempo, in quelle condizioni non potevamo proseguire, troppo rischioso, non sentivo in realtà un vero pericolo alle nostre persone, ma pericolo di capovolgerci, perdere tutto il materiale, canoa inclusa e dover nuotare fino a riva al freddo.
In questi giorni decidemmo di esplorare in canoa alcuni laghi uniti tra di loro da stretti canali e spesso avvolti in canneti e ninfee, cosi da farci una idea anche della natura che costeggiava le acque dolci di questo paese, la mia speranza era di incontrare un'alce, che però purtroppo non avvenì.
Dopo quattro giorni finalmente smise di piovere, il vento si era attenuato e cosi tra una foschia, nebbia simile pianura padana, pagaia in mano riprendemmo il nostro viaggio, Annika era stremata, io dispiaciuto che eravamo alla fine della nostra avventura. Non mancarono altri acquazzoni improvvisi, l'ambiene era diverso da come lo avevamo lasciato in quel giorno di sole che aveva accompagnato la nostra partenza, ora sembrava più un paesaggio dell'Eneide, da un momento all'altro mi aspettavo che si affiancasse Caronte.
Ormai ci stavamo lasciando alle spalle la natura selvaggia, passammo sotto un lungo ponte dal quale giungeva il rumore di autovetture, e pagaiata dopo pagaiata tornammo alla realtà di Amménas.
Bellissimi anche gli incontri co la fauna locale, per lo più uccelli, gabbiani, aironi grigi, anatre, nelle foreste cervi e in acqua meduse.
Non è stato difficile trovare, nei boschi, frutti di bosco come mirtilli, fragoline, lamponi selvatici e funghi con i quali nutrisri.
Uno dei ricordi più belli sono stati i tramonti le albe che dipingevano l'intero quadro che stavamo vivendo, in rosso, arancione e sfumature di giallo.
Belle anche le case di legno, dipinte di rosso, colore naturale proveniente dalla terra del centro nord, utilizzato in passato per il basso costo e oggi per il folklore, le finestre e porte spesso decorate di bianco se fattorie, di nero e verde se semplici abitazioni, quasi tutte con la bandiera svedese che sventolava sul davanti, e su un lato costruito separatamente il gabinetto, come vuole la tradizione dedicando lo spazio, per i propri bisogni fiologigi, a due persone, sulla porta di ingresso disegnato accanto a uno spioncino un cuore rosso, questo perchè in passato essendoci molti lupi, era usuale avventurarsi al bagno in coppia in modo da sentirsi più protetti e il cuore stava a ricordare il pericolo.
Di seguito breve video presentazione di questo viaggio, video che in realta, causa incidente di percorso, non è stato poi mai finito